Quando è obbligatorio per la banca rinegoziare le condizione del mutuo?

La rinegoziazione è una delle possibili alternative che i mutuatari hanno per rivedere le condizioni del proprio mutuo, ma di per sé ha carattere facoltativo, infatti né la banca e né gli intestatari possono essere obbligati ad accettare le nuove condizioni.

Tuttavia non mancano eccezioni alla regola di base, ed in particolare è stata fatta una deroga alla libertà di adesione tramite il Decreto Sviluppo Italia, che tra le altre voci ha stabilito l’obbligatorietà da parte della banca di accettare la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile, al verificarsi di una serie di condizioni.

Ovviamente l’obbligo vale solo per la banca e non per coloro che rientrano nel profilo individuato dallo stesso decreto, che hanno facoltà di scegliere se aderirvi o meno, entro il termine imposto.

Caratteristiche dei mutui e dei mutuatari

Trattandosi di una “imposizione” che va a limitare la libertà di scelta di una delle due parti, il legislatore ha deciso di dare questa possibilità solo ai mutuatari che si trovano o potrebbero trovarsi in difficoltà economiche.

Quindi è stato stabilito che possono sfruttare questa forma di rinegoziazione solo coloro che hanno un Isee inferiore, o al massimo pari ai 30 mila euro. Anche il mutuo in corso deve avere delle caratteristiche ben definite: si può trattare di un mutuo prima o seconda casa, ma l’importo residuo al momento della richiesta non deve superare i 150 mila euro.

La rinegoziazione consiste nel passaggio al tasso fisso, secondo le condizioni imposte dallo stesso decreto e un possibile allungamento del piano, fino ad un massimo di 5 anni, purché non si superi la durata massima, comprensiva dell’allungamento, di 30 anni.

In che cosa consiste il vantaggio della rinegoziazione obbligatoria?

Il passaggio dal tasso variabile porta obbligatoriamente a un tasso fisso, ma per tutte le durate superiori ai 10 anni in ogni caso deve essere fatto riferimento all’Irs a 10 anni, mentre per le durate inferiori ci si riferisce all’Irs corrispondente. Al tasso così individuato viene aggiunto lo spread previsto nel nuovo contratto.

Ciò può non rendere conveniente l’esercizio della rinegoziazione, perché si può andare incontro all’applicazione di uno spread maggiore rispetto a quello contrattualmente previsto. Questo senza considerare che in un momento in cui i tassi hanno proseguito verso la discesa, l’esercizio di tale possibilità è più sul piano concettuale che non su quello pratico, a meno che non si abbiano difficoltà di rimborso, a causa di problemi nella pianificazione finanziaria, ed una durata vicina ai 30 anni, o comunque superiore ai 15 anni.